Era il lontano 1993 quando, durante l’ anno scolastico la professoressa di francese lancia l’ idea di partecipare a una vacanza-studio in famiglia. Io avevo 15 anni, il francese era la mia lingua preferita e il desiderio di viaggiare già mi solleticava da un po’.
I miei genitori non si mostrano subito entusiasti all’ idea di sapermi lontana per due settimane, ma alla fine se ne fanno una ragione!
Così, nel giugno del 1993 parto, insieme a 3 compagne di classe e altri studenti del liceo “L. Ariosto” di Ferrara, alla volta di Saint Etienne, nei pressi di Lione, per il mio primo viaggio all’ estero.
Saint Etienne è una cittadina di circa 170,000 abitanti, capitale del distretto della Loira. Ha una storia di centro industriale, ma dai primi anni 2000 ha cercato di imprimere una svolta proponendosi come città del design. Nel 2010 entra a fare parte della rete delle “città creative” dell’ UNESCO.
Essendo un viaggio low cost (termine che allora ancora non era ancora stato coniato, ma la tipologia di viaggio “by squattrinati” esisteva da una vita!) partiamo in pullman. Sì, avete letto bene. Del resto siamo giovano, no? Ci adattiamo a tutto!
Table of Contents
Dramma numero 1: l’ accoglienza
Arriviamo a destinazione dopo un estenuante viaggio notturno e aspettiamo che le famiglie ospitanti ci vengano a prelevare. Molte auto sono già nel parcheggio, con genitori accoglienti e ragazzini curiosi. Guardo le mie compagne stringere la mano e presentarsi ai loro ospiti, e nell’ attesa comincio ad immaginare chi arriverà a prendere me..? Penso “va bene tutto, tranne vivere in fattoria”. Allora ero piuttosto schizzinosa, nonostante le infinite domeniche passate fra stalla e pollaio a casa dei miei nonni Carli.
Ormai rimaniamo in pochi, e ad ogni bella auto che arriva spero che siano venuti per me….finchè…eccola arrivare.
Auto beige del 1970, sporca di fango.
L’ incubo prende forma.
Fili di fieno escono dalle portiere.
Io indietreggio, allontano l’ idea che questa sia la mia famiglia ospitante…ma purtroppo è così!!! Scende una signora di bell’ aspetto, ma con indosso una salopette da lavoro e stivali di gomma, accompagnata da Geraldine, mia coetanea e con cui vivrò per i prossimi 10 giorni. La nostalgia di casa mi assale, gli occhi mi si riempiono di lacrime che cerco di ricacciare giù perché vedo che loro ci rimangono male…
“Forza Cristiana, questa sarà un’ esperienza fantastica!” mi ripeto come un mantra. Apro la portiera, la mamma di Geraldine toglie dal sedile un cestino di quaglie gia spennate e mi fa accomodare. L’auto parte rombando mentre saluto la mia prof col cuore spezzato.
Superiamo abbondantemente il centro di Saint Etienne, percorrendo strade secondarie e desolate, fino ad imboccare una strada di campagna. Anche l’ ultimo barlume di speranza mi abbandona quando parcheggiamo nel cortile di casa.
Animali. Animali ovunque. Cani, gatti, pavoni, conigli, oche, galline, l’ odore di qualche maiale in lontananza. Una FATTORIA a tutti gli effetti.
E pensare che oggi sceglierei quella casa mille volte per un soggiorno tranquillo! Infatti la casa di Geraldine poteva tranquillamente essere un antesignano dei moderni agriturismo che hanno fatto il successo di molte regioni, come la nostra Toscana ad esempio.
Dramma numero 2: conoscenza del resto della famiglia e assegnazione della camera
Entriamo in casa e la scopro popolata oltre qualsiasi limite umano: altri quattro fra ragazzi e ragazze, una quindicina di gatti e mezza dozzina di cani vagano per il soggiorno. In 10 giorni di convivenza, giuro che non ho capito i legami di parentela fra la mamma, Geraldine e gli altri quattro. Fratelli? Cugine? Amanti?? Nonostante il mio ottimo francese, mi sono ben guardata dall’ approfondire l’ argomento. Saliamo al piano superiore e mi viene assegnata una camera molto spaziosa, matrimoniale, tutta in legno. Davvero adorabile. Peccato che fosse chiusa dal 1942 e la puzza di stantio mi abbia quasi fatta svenire. Inoltre, un simpatico barboncino mi da il benvenuto con una bella orinata sul tappeto. Un ottimo inizio, non c’è che dire.
Dramma numero 3: lezione di igiene personale
Il bidet: questo sconosciuto. Eppure la parola mi pare francese….come mai non se ne trova traccia nelle case dei francesi? Ma al peggio non c’è mai fine. In bagno non c’è nemmeno il wc. Comincia la mia caccia al tesoro, finché lo trovo in uno sgabuzzino di fianco alla cucina, una specie di sottoscala di un metro quadrato. Stando seduta sulla tazza, le ginocchia toccavano la porta. Ovviamente da dentro si sentivano tutti i rumori e gli odori della cucina, cosa che mi fa pensare alla proprietà commutativa…se io sento da dentro, sicuramente loro sentono da fuori. Fantastico. Non vado in bagno per dieci giorni.
Comunque, dopo essere passata per il wc, ero obbligata ad andare in bagno di sopra a lavarmi almeno le mani. La prima sera, nel tentativo di rilassarmi, decido di fare una bella doccia calda. Mi preparo, vado in bagno e scosto la tenda della vasca….un alone nero correva tutto intorno. “Vabbè..” mi dico “non guardo”. Poi scorgo un batuffolo di presunti peli…e detergenti con stampato il simpatico muso di un cane. Eh niente, capisco che la vasca non è per uso umano.
Ma il culmine lo tocchiamo una sera a cena. Io adoro i gatti, mi fa piacere che mi girino fra le gambe, sentire le loro fusa. Tollero anche che qualcuno di loro cerchi di salire sulla tavola mentre mangiamo….ma vedere un grosso felino nero attraversare tutta la tovaglia per servirsi nella pentola dei piselli, e poi sentirmi chiedere “Cristiana, en veux tu encore?” (Cristiana, ne vuoi ancora?)…ha sgretolato in un attimo tutti i muri del pudore e dell’ igiene.
Non mento se dico che questi lunghi dieci giorni sono stati interminabili. Ho imparato a non sentirmi a disagio, sì, ho perfezionato moltissimo il mio francese e ho anche fatto amicizia con le amiche di Geraldine ( anche se più di una volta mi sono alzata al mattino e lei era già uscita). Alcune giornate le abbiamo impegnate in escursioni nei dintorni, come a Lione e alle grotte de la Balme.
Ma la gita conclusiva a Parigi mi è apparsa come un oasi nel deserto ad un assetato. Abbiamo trascorso gli ultimi tre giorni nella capitale francese visitando le attrazioni principali: Tour Eiffel, Musèe du Louvre, Notre Dame e molto altro, compresi gli imperdibili magazzini Lafayette, e ovviamente Disneyland Paris.
Questa è stata la mia prima esperienza all’ estero, e senza genitori. Non è stata semplice, mi ha messo a dura prova ma mi ha aperto subito gli occhi su una cosa fondamentale: la diversità. Viaggiare del resto è soprattutto questo: incontrare luoghi, culture, usanze diverse dalle nostre. Direi che il mio primo viaggio all estero è stato un’ ottima scuola!
26 comments
Ma sai che anch’io ho fatto uno scambio linguistico nella Loira? ahah però eravamo a Tours 😀 comunque sulla stanza separata wc/bagno ti capisco, qui in Ungheria dove vivo è la norma, a volte è davvero traumatico! Infatti a casa nuova abbiamo finalmente una stanza sola per tutto!
mi viene il dubbio che siamo noi italiani quelli speciali col bagno e wc insieme!
Una bellissima esperienza che puoi raccontare oggi con allegria, Bel racconto!
Più che un viaggio sembra una terapia d’urto! XD Però è vero, viaggiare significa anche scontrarsi con realtà diverse dalle nostre, e non sempre la cosa è in positivo! Io ho sempre avuto molta fortuna con le host family: sia in Inghilterra sia in Giappone ho trovato persone fantastiche con cui sono ancora in contatto dopo anni!
Grazie per questo tuo racconto, tra le righe drammatiche leggo anche un po’ di nostalgia.. 😉
in effetti sì…nostalgia di viaggi spensierati!
Stupendo il tuo racconto, quante risate! Anch’io ho fatto uno scambio con una scuola francese alle superiori e ricordo lo sgabuzzino del water attaccato alla cucina come il mio più grande incubo!! 😉
Ah ahaha!! Mitica 😂 Stupendo l’arrivo dell’auto beige… Mi ricorda il mio viaggio studio negli USA: casa nel bosco isolatissima!
Che bel racconto, mi hai fatto immedesimare nel tuo vissuto da 15 in terra francese! 😀 Passi la fattoria… ma il wc nello sgabuzzino attaccato alla cucina e il gatto che mangia dalla pentola..aiuto!!
Le foto sono magnifiche! Così vintage, reali e colgono l’essenza degli anni 90!
Il tuo racconto mi ha fatto sorridere perche’ anch’io in seconda superiore ho partecipato ad uno scambio in famiglia in Inghilterra, ma per fortuna la mia esperienza e’ stata piu’ facile e positiva. Ricordo invece con i goccioloni di sudore una vacanza a Riccione in seconda media con una mia compagna di classe e sua nonna: un incubo. Ho persino chiesto ai miei genitori di venirmi a prendere un giorno prima.
Mi hai fatto ridere tantissimo! Pure io non riesco ancora a capire l’uso francese di esiliare il water in uno sgabuzzino senza un lavandino per lavarsi le mani. E il gatto vegetariano? Ahahah devo dire che anche la mia gatta si tufferebbe in pentola ogni volta, riesco a tenerla a bada solo perché le do da mangiare mentre cucino, ma poi torna a controllare nel lavandino prima che metta le pentole in lavastoviglie 🙂 Credo che avrei davvero difficoltà comunque in una casa con così tanti animali… mi piacciono, ma amo troppo i miei spazi!!! Ora mi hai lasciato con la curiosità di scoprire le parentele della tua famiglia ospitante!
Mamma mia, l’immagine della doccia deve essere stata davvero disgustosa! Ricorda un po’ la mia seconda esperienza in famiglia in Inghilterra, Cambridge per la precisione. Igiene, quella sconosciuta…
Che bello. Anche io sono stata a st. Etienne con la scuola superiore ma era il 1991 o 92. Non ricordo. E anche io in fattoria. La mia compagna di ‘famiglia’ si chiamava Marie. Una mesata senza mai vedere nessuno degli altri della classe. Un mese per campi e prati e pure il matrimonio della sorella. Dove hanno suonato (in chiesa) Ti Amo di Umberto Tozzi.
Fantastico! Umberto Tozzi dovrebbero mettercelo come patrimonio dell’ Unesco!
Ahahah si. Ma mi ricordo mi fece una strana impressione sentirlo in chiesa.
L’ho letto tutto d’un fiato! Che esperienza!! Ahahaahah cioè insomma .. ho vissuto la tua stessa situazione a 25 anni in Australia.. però erano più igienici e il bagno c’era maaaa nella camera matrimoniale quindi di notte ho imparato A farla fuori letteralmente all’aria aperta!
Sono sincera, io probabilmente avrei avuto una crisi isterica il primo giorno. Sino d’accordo riguardo alla diversità, solo che tra accettare senza problemi che altri vivano diversamente e dover effettivamente VIVERE come loro scorre il mare, e in quelle condizioni di igiene non ce l’avrei fatta x.x Comunque sicuramente è stata un’esperienza che ti ha rafforzato, essendo rimasta fino alla fine!
grazie Giulia, sento molta empatia nel tuo commento. Ora ci rido su, ma se ripenso a me stessa allora… ero una ragazzina, per la prima volta lontana da casa…non è stato semplice!
Mi sono immedesimata nel tuo racconto😅. Posso capire la fattoria… Ma non che i gatti mangino dalla stessa pentola dove si servono gli umani e la scarsa pulizia in bagno. Poveretta!!
ciao Alessandra, in effetti quando ho visto il gatto con la testa nella pentola….oltretutto non sapevo che i gatti apprezzassero i legumi!
Sicuramente un viaggio indimenticabile, nel bene e nel male! Sono proprio queste le esperienze che ti aiutano a cresce e ti insegnano ad affrontare le difficoltà che ti si presentano
Un’esperienza che ti ha messo alla prova ma fatta crescere 🙂 Ma del resto le prime volte fuori casa e senza genitori servono proprio a questo! Sicuramente senza questa scuola oggi sapresti adattarti meno. Meglio cosí, credo che nonostante tutto sia stata davvero una bella e buona occasione di acquisizione di consapevolezza!
Divertente per noi che leggiamo! Però sicuramente è stata una bella esperienza, confrontarsi con altri stili di vita fa sempre crescere!
Ciao Stefania, proprio così! Sebbene tutti questi episodi siano realmente accaduti, ho fatto tesoro di questa esperienza!
Hai conosciuto anche una famiglia molto diversa dalla tua, non credo sia facile adattarsi a vivere in una casa di campagna se non si è abituati. mangiare dalla stessa pentola del gatto mi sembra troppo!
Ciao Stefania! Spero che questo mio post non sia troppo irriverente! La verità è che io ero davvero molto schizzinosa!!